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Posted by: In: News 25 Feb 2017 0 comments

l Decreto Legislativo 9 aprile 2008, numero 81, in seguito modificato ed integrato è oggi il riferimento normativo in Italia per la medicina e sicurezza sul lavoro.
La norma riassume ed ordina tutte le norme antecedenti.
In una nazione dove continuano a morire di lavoro quattro persone al giorno, questo testo risponde alla necessità di avere una norma nazionale efficace e aggiornata, rifermento unico per il mondo del lavoro; in pratica unisce e concentra adempimenti, obblighi.
Il legislatore indica in maniera chiara ad aziende, datori di lavoro e lavoratori quanto è essenziale ed obbligatorio fare in riferimento alla prevenzione, alla tutela della salute fisica e mentale, in ogni ambiente di lavoro.
Il campo di applicazione del decreto è molto vasto, poiché comprende qualsiasi impresa (anche autonoma o familiare), tutti i lavoratori (inclusi quelli aventi contratti a progetto) e ogni tipologia di rischio.
Si parte dall’obbligo, da parte del datore di lavoro, di valutare tutti i rischi presenti sui luoghi di lavoro, anche quelli connessi allo stress lavoro-correlato, riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, relativi alle differenze di genere, d’età e di provenienza da altri Paesi, inerenti alla specifica tipologia contrattuale, nonché i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili. Va da se che qualsiasi cambiamento aziendale determina un aggiornamento della valutazione dei rischi.
Tutte le figure che operano sul luogo di lavoro devono presentare delle distinte professionalità che vanno aggiornate periodicamente con formazione specifica; RSPP, RLS, preposto, addetto al primo soccorso, addetto antincendio e medico competente hanno obblighi e mansioni precise, inclusa una fondamentale cooperazione.
Tutti i preposti devono essere testati con periodicità prestabilite, seguire corsi di formazione specifici e di aggiornamento.
Vera innovazione, entrata oin vigore nel 2013, è la formazione specifica ed addestramento, determinata dall’articolo 37, che prevede, non più una informazione generica, ma una formazione specifica adattata alla reale mansione tenendo conto di tutte le piu piccole problematiche legate alla stessa.
Ad questa serie di adempimenti cosidetti base, comuni a tutte le attività, il testo indica obblighi legati allo specifico settore di appartenenza.
Le sanzioni, già molto aggressive delle norme precedenti, sono estremamente severe; il datore di lavoro che non adegua la propria attività ai dettami del Testo Unico, oltre alla sicura denuncia penale (con conseguente possibile rischio di detenzione e sequestro dei beni), rischia sanzioni amministrative elevatissime.
Questo quadro è reso ancora più triste dalla presa di posizione dell’Inail, l’assicurazione per gli infortuni sul lavoro, che ha comunicato che in assenza di attuazione della norma sulla sicurezza, si rivale in solido sull’azienda e quindi sul datore di lavoro ed eventuali soci.

Posted by: In: News 23 Feb 2017 0 comments

Con il termine “formazione degli adulti” si intendono sia le attività di istruzione e formazione permanente rivolte a Tutti i cittadini sia le attività di formazione continua. In particolare, le attività di istruzione permanente implicano l’acquisizione di competenze di base generali mentre la vera e propria formazione permanente rimanda a competenze pre-professionalizzanti maggiormente connesse al mondo del lavoro per l’inserimento professionale nella società della conoscenza.

Con il termine di formazione continua ci si riferisce più specificatamente alla formazione sul lavoro e quindi la riqualificazione professionale e l’attività di aggiornamento del lavoratore. In questo ambito rientra la formazione degli occupati che abbia carattere di sviluppo e completamento (aggiornamento e perfezionamento) di competenze professionali già acquisite. Si tratta quindi di attività formative rivolte ai soggetti adulti, occupati o disoccupati, al fine di adeguarne o di svilupparne conoscenze e competenze professionali, in stretta connessione con l’innovazione tecnologica ed organizzativa del processo produttivo e in relazione ai mutamenti del mondo del lavoro.

Posted by: In: News 04 Feb 2017 0 comments Tags: ,

La formazione professionale sta assumendo sempre più un’importanza strategica nel mondo produttivo. Essa viene incontro, da una parte, ai fabbisogni formativi espressi dalle aziende; dall’altra alle esigenze dei giovani di acquisire competenze e dei lavoratori di mantenersi aggiornati ai continui cambiamenti del mercato.

Il Fondo Sociale Europeo cofinanzia insieme a Regioni e Province corsi di formazione organizzati da Centri di formazione professionale pubblici, da enti privati convenzionati e da imprese. I corsi vengono organizzati a tutti i livelli: post-scuola dell’obbligo, post-diploma e diploma universitario, post-laurea (corsi e master). Tali corsi, in prevalenza gratuiti per i partecipanti, consentono di acquisire competenze e qualifiche richieste dal mercato del lavoro. Non solo: la formazione professionale può essere una risorsa decisiva anche per migliorare la propria posizione professionale.

Il FSE incentiva anche la Formazione continua intesa come adeguamento dei lavoratori – in particolare quelli minacciati dalla disoccupazione, in cassa integrazione o in mobilità – alle trasformazioni industriali e all’evoluzione dei sistemi produttivi. La formazione continua si svolge in azienda o presso enti di formazione.

 

Formazione professionale iniziale

E’ quella rivolta ai giovani che si accostano per la prima volta al mondo del lavoro.

 

Formazione professionale continua

E’ quella rivolta ad adulti che sono stati esclusi dal mondo del lavoro (disoccupato) e/o che intendono riqualificarsi in vista di un nuovo o di un migliore inserimento. La formazione professionale continua si inserisce nel concetto del considdetto “lifelong learning”, un termine inglese che possiamo tradurre con “formazione lungo tutto il corso della vita”.

 

Istruzione professionale

Gli istituti professionali statali sono caratterizzati da un percorso più complesso. In particolare prevedono un piano di studi che può arrivare a 5 anni consecutivi con specializzazioni intermedie. Si inizia con un biennio di base, comune ad altri istituti superiori, seguito da un anno (il terzo) di qualifica professionale in un specifico settore professionale. Scopo del biennio iniziale è quello di orientare e rendere più consapevole l’alunno, nella scelta della specializzazione di indirizzo professionale, prevista nel terzo anno di frequenza. Il ciclo di studi può concludersi alla fine del terzo anno con l’acquisizione di un diploma di qualifica oppure, acquisita la qualifica professionale, esiste la possibilità di accedere ad un successivo corso biennale, definito post-qualifica, che si conclude con l’esame di Stato. In questo caso il corso di studi si conclude come ogni altra scuola secondaria superiore, con la possibilità di accesso ai Corsi di laurea.

 

Formazione professionale continua

Nel mondo del lavoro odierno in rapida trasformazione sempre più sovente un lavoratore è costretto a metter mano alla propria formazione professionale o perché si è trovato escluso dal mondo del lavoro (disoccupato) oppure perché desidera riqualificarsi in vista di un nuovo o di un migliore inserimento. Si parla quindi di formazione professionale continua oppure di formazione lungo tutto il corso della vita. In Italia si identifica il concetto di Formazione Continua con quella concordata fra le Parti Sociali, definita in un Piano Formativo di tipo individuale, aziendale, territoriale o settoriale e tradotta in progetti formativi finanziabili dai Fondi Interprofessionali per la Formazione Continua. A tale formazione accedono i lavoratori occupati di aziende iscritte ad un Fondo Interprofessionale a cui vengono così indirizzate, volontariamente, le quote che obbligatoriamente devono essere versate, ogni anno, all’INPS (0,30% della retribuzione lorda annua di ogni dipendente). Al marzo 2009 operano 14 Fondi Interprofessionali in Italia, autorizzati a gestire la propria raccolta di quote “zero trenta” che le singole aziende decidono di indirizzare loro. Gli obiettivi della formazione continua finanziabile dai Fondi Interprofessionali sono definiti nei bandi pubblici che ogni Fondo emette sulla base delle risorse raccolte. Tali obiettivi possono essere di tipo professionale e riconosciuti nell’organizzazione del lavoro dell’azienda, oppure essere finalizzati all’acquisizione di informazioni e/o competenze di tipo obbligatorio (salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) o per competenze/interessi di tipo individuale cui il lavoratore può accedere anche singolarmente. Qualunque obiettivo formativo riconoscibile e finanziabile da un Fondo Interprofessionale deve comunque essere oggetto di un Accordo fra le Parti Sociali.

 

Centro di formazione professionale

Per centro di formazione professionale (abbreviato in CFP) in Italia si intende un istituto che vuole aiutare giovani ed adulti a perfezionare la propria formazione professionale ed aiutarli ad entrare nel mondo del lavoro.

 

Corsi tipici dei CFP

Per raggiungere i propri scopi il CFP attua generalmente i seguenti percorsi:

  • corsi di qualifica professionale: sono comunemente rivolti a ragazzi in uscita dalla scuola dell’obbligo; hanno una durata di due/tre anni e si concludono con un esame che dichiara il raggiungimento della qualifica professionale.
  • corsi di specializzazione: sono rivolti a ragazzi e/o adulti che avendo già ottenuto una qualifica professionale intendono approfondire le proprie conoscenze e capacità nel settore professionale di loro interesse; hanno generalmente la durata di un anno.
  • corsi post-diploma: sono rivolti alle persone che hanno raggiunto, attraverso l’esame di stato, un diploma di scuola media superiore e vogliono completare la propria formazione professionale; hanno generalmente la durata di un anno.
  • corsi di istruzione e formazione tecnica superiore.

 

Modalità operative tipiche dei CFP

Il CFP si differenza da un istituto scolastico per alcune modalità operative particolarmente accentuate:

  • Imparare facendo: si dà preminenza alle attività di laboratorio rispetto alle attività più teoriche proprie dell’aula scolastica.
  • stage nelle aziende: è un modo per conoscere il lavoro ed il mondo delle aziende (molto diverso da quello familiare e scolastico); si ha la possibilità di sperimentarsi in un contesto ormai prossimo a quello che sarà il lavoro di domani.
  • orientamento professionale: attenzione data al giovane/adulto perché possa scegliere in modo convinto e motivato il proprio inserimento lavorativo in un mondo sempre più frammentato.

Gestione dei CFP

I Centri di formazione professionale sono diretti da enti di formazione i quali rendono conto del loro operato alle Regioni oppure, in certi casi, sono diretti dalla Regione stessa.

 

Posted by: In: News 04 Gen 2013 0 comments

L’apprendistato nasce come strumento fondamentale per l’attuazione del precetto contenuto all’ art. 35, comma 2, della Costituzione. Regolamentato per la prima volta con la Legge 19 gennaio 1955, n. 25, nella seconda metà degli anni ’90 l’apprendistato è stato oggetto di una prima riforma che lo ha rilanciato per favorire l’occupazione giovanile con un rilevante incremento nel corso degli anni della sua diffusione, anche in corrispondenza del fatto che, a partire dal 2004, è divenuto l’unico contratto di lavoro a contenuto formativo presente nell’ordinamento italiano.

L’apprendistato è stato in seguito riformato dal Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 che ne ha ampliato finalità e opportunità introducendo tre tipologie di contratto sostituite nuovamente dal Decreto Legislativo 14 settembre 2011, n.167 (Testo Unico dell’apprendistato). Tale provvedimento, che abroga la normativa preesistente, configura l’apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione giovanile.

Attualmente il contratto di apprendistato si articola nelle seguenti tre tipologie:

  1. apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale – Art.3 del D. lgs 167 per giovani dai 15 anni al compimento del 25esimo anno (24 e 364 giorni), finalizzato a conseguire un titolo di studio in ambiente di lavoro – Art.3 del D. lgs 167;
  2. apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere – Art.4 del D. lgs 167 per i giovani tra i 18 e i 29 anni (29 e 364 giorni), finalizzato ad apprendere un mestiere o a conseguire una qualifica professionale;
  3. apprendistato di alta formazione e ricerca – Art.5 del D. lgs 167, anch’esso per i giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni (29 e 364 giorni), finalizzato a conseguire titoli dell’istruzione secondaria superiore e terziaria, compresi i dottorati di ricerca, la specializzazione tecnica, nonchè per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche.

Per l’apprendistato professionalizzante e per l’apprendistato di alta formazione e ricerca è possibile inoltre assumere apprendisti già dal diciassettesimo anno di età se in possesso di qualifica triennale del sistema di Istruzione e Formazione Professionale.

I principali benefici per le aziende che assumono con il contratto di apprendistato sono:

  • il sistema retribuito specifico stabilito dalla contrattazione collettiva
  • il trattamento contributivo agevolato che sussiste fino all’anno successivo alla prosecuzione dell’apprendistato come ordinario rapporto subordinato a tempo indeterminato
  • la non rilevanza dell’apprendista ai fini del raggiungimento dei limiti numerici previsti da leggi e da contratti per l’applicazione di specifiche normative o istituti.

Inoltre per i contratti di apprendistato stipulati nell’arco temporale compreso tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2016 la Legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011 – Art.22) riconosce ai datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove uno sgravio contributivo del 100% nei primi tre anni di contratto.

Sull’impianto normativo e regolamentare statale, si innestano le competenze legislative e regolamentari acquisite in materia di formazione professionale pubblica dalle Regioni/PA con la riforma del Titolo V della Costituzione nonché il ruolo regolamentare riconosciuto alla contrattazione collettiva.

Considerata la complessità del quadro normativo e la numerosità dei soggetti coinvolti (Ministeri, Regioni e parti economiche e sociali), negli anni sono stati emanati diverse circolari e decreti e sono stati formulati interpelli al fine di chiarire gli aspetti interpretativi riguardanti l’ applicazione della materia.